Attività

  • Fabio Massimo Castaldo ha inviato un aggiornamento 4 anni, 2 mesi fa

    LE DIMISSIONI DI LUIGI E IL FUTURO DEL MOVIMENTO CINQUE STELLE

    Mercoledì sera ho ascoltato con attenzione le parole di Luigi, e ho voluto riflettere a lungo, prendere tutto il tempo necessario prima di scrivervi alcune riflessioni, per non cadere nella trappola di questa nostra strana società, ossessionata dalla prevalenza del tweet sul pensiero, dal dogma della velocità che sempre più diviene sorella della superficialità. In questi giorni sono stato in Tunisia, per un’importante missione diplomatica per conto dell’UE, ma il pensiero è rimasto costantemente fisso su ciò che è accaduto a Roma.
    Il Movimento sta attraversando un periodo delicato, per non dire critico: non ha senso nasconderlo o negarlo. Il passo indietro di Luigi segna un cambiamento importante per tutti noi, sancendo plasticamente il nostro ingresso in una nuova fase. Una fase in cui avremo tutti il dovere di assumere sempre più responsabilità condivise.
    Innanzitutto però voglio ringraziare Luigi per il grande impegno e la dedizione che ha profuso finora. Le immagini della campagna delle politiche 2018, durante la quale sono stato chiamato a svolgere il ruolo di referente per il Lazio e l’Estero, resteranno per sempre scolpite nella mia memoria, insieme alle tante altre immagini delle campagne e delle battaglie di questi anni. È doveroso riconoscere che è sempre stato in prima linea senza risparmiarsi per la nostra causa, e di questo dobbiamo essergli grati.
    Come ha detto Marco Travaglio stamane, il suo discorso di mercoledì è stato forse il più bello e sentito di sempre. E alcuni dei passaggi mi hanno indotto a una riflessione: cosa vuol dire, per noi tutti, essere un attivista, essere parte del progetto e della rivoluzione a 5 Stelle?
    Essere attivisti vuol dire per me, in primis, avere la volontà di PARTECIPARE, di dare il massimo in ogni contesto per costruire soluzioni, non per limitarsi a sbandierare i problemi. Ed è quello che mi sono sempre sforzato di fare, giorno dopo giorno, con umiltà.
    Come ben sapete durante alcuni passaggi della vita politica del Movimento degli ultimi due anni ho mosso talvolta delle critiche, ma sempre in maniera costruttiva e propositiva, sul metodo e non sulle persone, cercando di mettere sempre sul tavolo una possibile alternativa, rendendomi sempre disponibile a partecipare a una riflessione collettiva, quando sentivo che alcune scelte cozzavano con i nostri principi di inclusione e partecipazione, che sono il nostro vero DNA. Il Movimento è la mia casa e la mia seconda famiglia, e come in tutte le famiglie è naturale che alcuni dei suoi membri non la vedano allo stesso modo. Ma il pensiero va sempre a come difenderla, a come proteggerla, e guai a chi prova a toccarcela.
    Nonostante questo, ho sempre nutrito il massimo del rispetto possibile per Luigi e per quello che rappresentava il suo ruolo, che posso assicurarvelo è molto più gravoso di quanto si possa percepire dall’esterno. Ci vuole tanta forza di volontà per resistere al fuoco continuato di attacchi esterni, mediatici, politici volti a delegittimarci, a dipingerci come incompetenti. Per questo, per quanto ci si possa sforzare, nessuno troverà mai un attacco o una dichiarazione contro Luigi da parte mia. Perché non nutrire tale rispetto sarebbe stato ingiusto nei confronti di chi era stato eletto per svolgerlo, assumendosi gravose responsabilità, e avrebbe significato indebolire il Movimento, vanificando gli sforzi di ogni singola anima che compone la nostra meravigliosa comunità.
    Infatti, se abbiamo realizzato molti di quei punti che ci eravamo preposti al momento della fondazione del Movimento, è anche grazie alla determinazione che ha espresso durante le infinite negoziazioni e momenti critici di questi anni, e questo dobbiamo tenerlo bene a mente.
    Basterebbe solo un po’ di onestà intellettuale.
    Ecco perché mentre leggo, in queste ore, un’ampia moltitudine di interventi sulle sue dimissioni, articolati in vari generi letterari discordanti tra loro, tra beatificazioni estatiche, celebrazioni trionfali, persino sorprendenti campionari zoologici e bestiari di varia natura da un lato, passando per elogi ricchi di lacrime di circostanza, per terminare poi con veri e propri sfoghi di rabbia e frustrazione incontrollate e irragionevoli dall’altro, d’istinto quello che mi affiora sul volto è solo un sorriso con l’amarezza del rimpianto.
    Perché vi confesso che io, personalmente, ho provato semplicemente molta tristezza, ma non tanto per la nostalgia dei momenti che abbiamo vissuto insieme in questi anni e che resteranno per sempre nel mio cuore. No, mi addolorava piuttosto l’immagine di quello che il nostro Movimento avrebbe potuto essere… e ancora non è pienamente stato.
    Era giusto e sacrosanto rivendicare il grande lavoro e i successi di questi anni, l’enorme mole di riforme a tempo di record nonostante il fuoco mediatico, nonostante avessimo tutti contro.
    E certamente abbiamo avuto al nostro interno, e forse abbiamo ancora, un discreto numero di persone semplicemente malate di immagine, guastatori di professione desiderosi di contestare tutto e tutti, solo per mettersi in mostra. O di trovare improbabili scuse per perseguire interessi pecuniari facilmente intuibili.
    Ma è anche vero che, un po’ a causa del continuo susseguirsi di situazioni urgenti e crisi una dopo l’altra, della terribile sindrome dell’emergenza tipica della politica italiana, un po’ forse per certi ambigui e tutt’altro che disinteressati consigli di quel folto sottobosco di figure che, da sempre e in ogni epoca, tentano di assediare quotidianamente la durissima solitudine della leadership, troppo spesso i sacrifici e gli sforzi sinceri di molti attivisti e portavoce di ogni livello, proprio quella larghissima maggioranza che ha sempre voluto lavorare duramente, con umiltà, nell’ombra, senza mai pretendere né tantomeno chiedere nulla, hanno trovato ostacoli tanto ingombranti quanto invisibili a impedire che il
    loro lavoro, il loro talento, le loro intuizioni venissero messe sinergicamente a sistema. Ed è stato semplicemente impossibile, per tanti di loro, realizzare la propria semplice e genuina aspirazione: poter contribuire ancora di più alla nostra causa. Mettere il proprio mattoncino nella nostra casa, sentendosi parte viva e attiva del nostro progetto.
    E forse in quel bellissimo discorso è mancato quel pizzico di autocritica in merito che lo avrebbe reso definitivamente storico per contenuti, stile e trasporto emozionale.
    Ma è nobile e apprezzabile il fatto che i tanti eroi silenziosi siano stati comunque citati e ringraziati, e di questo rendo merito ancora una volta Luigi. Mi dispiace solo che non lo siano stati abbastanza PRIMA. Alle volte non si può fare molto, ma può bastare comunque poco, persino una pacca sulla spalla, un ringraziamento sincero e inaspettato, un po’ di stima, di rispetto e di riconoscenza, di considerazione, specie per la dignità di quei tanti che hanno dato tutto, mettendo da parte l’orgoglio e gli interessi personali senza mai chiedere nulla, inghiottendo senza una smorfia i bocconi amari per un bene superiore, sacrificandosi persino in momenti molto difficili e dolorosi della propria esistenza, mentre altri si dedicavano a sé stessi, all’orticello della propria visibilità e del proprio svago, fottendosene delle responsabilità comuni, salvo poi saltare sul carro del vincitore e rivendicare il proprio inesistente ruolo se le cose andavano bene, o al contrario levare ipocritamente il dito per sporcare e criticare, persino calunniare i sacrifici degli altri, se le cose andavano male.
    Come tutte le comunità abbondiamo degli uni e degli altri. E i secondi spesso, e purtroppo, fanno molto più rumore dei primi pur di essere notati. E finiscono persino per essere accontentati. Forse questo è il vero dolore per le nostre centinaia di eroi umili e silenziosi: non il non aver ricevuto il ringraziamento per i loro sacrifici. Ma il veder cospargere sulle loro ferite il sale dell’ingiustizia.
    Ma, badate bene, è difficilissimo affrontare tutto questo, essere leader scegliendo sempre la premialità del merito, facendo prevalere non ciò che è facile ma ciò che è giusto, costi quel che costi. Chiunque vi dica il contrario mente o è un esaltato.
    Proprio per questo è inutile recriminare sul passato. Solo chi non fa nulla non sbaglia mai, e sarebbe un esercizio improprio e ingiusto sollevare di nuovo, in questo momento, quelle occasioni in cui si è deviato dai nostri principi, che fosse per dura necessità o per facile convenienza, in cui il dialogo è mancato o è stato arbitrariamente selettivo, quelle situazioni in cui le regole sono state applicate per gli uni e interpretate per gli altri, a ogni latitudine e livello, quegli episodi in cui lentamente e progressivamente si è sgretolato un frammento dopo l’altro dal muro granitico della nostra coerenza, in cui per mancanza di cura è appassito un fiore dopo l’altro nel nostro bellissimo giardino, facendo perdere a tanti entusiasmo e convinzione.
    Non dobbiamo dimenticarle perché devono esserci di insegnamento per il futuro. Ma non possiamo incagliarci su di esse.
    E sebbene alcune ingiustizie non siano ancora sanate, per restituire a ognuno la sua dignità e i suoi meriti confido comunque nel tempo, che in un modo o nell’altro, anche a grande distanza, trova sempre il modo di essere galantuomo.
    Nel frattempo dobbiamo ringraziare ancora Luigi, con la speranza che continuerà a fornirci il suo contributo, le sue idee e la sua preziosa esperienza.
    Perché ora è tempo di essere tutti pronti a rimboccarci le maniche, INSIEME, per affrontare una nuova grande sfida. Perché se è vero che si è chiuso un ciclo, è altrettanto corretto dire che se ne è appena aperto uno nuovo, nel quale possiamo permetterci di sbagliare ben poco, anzi quasi nulla.
    Ciò che, a mio avviso, dobbiamo cercare immediatamente di perseguire è un semplice obiettivo: non cadere nella trappola di cercare il volto, il nome del sostituto. Di cercare il salvatore o la salvatrice. Di farci sedurre dalla contagiosissima malattia della leadership taumaturgica che ha inquinato la politica in questi ultimi decenni.
    La nostra vera, unica cura è il ritorno alla COLLEGIALITÀ. Dobbiamo tornare a discutere e soprattutto a INCLUDERE.
    Perché il nemico numero 1 della democrazia non è la dittatura, ma l’esclusione. Prendo in prestito dal grande Tocqueville queste sagge parole: “quando il cittadino è passivo è la democrazia che s’ammala”. Non potrei trovarmi più d’accordo con questa affermazione.
    Proprio per questo, dobbiamo tornare a costruire percorsi decisionali, strutture di raccordo centrali e territoriali innovative ma soprattutto funzionali a un Movimento COLLEGIALE E INCLUSIVO, dove TUTTI possano parlare e dove ci si possa costantemente confrontare, in trasparenza e con piena democrazia.
    Le nostre molteplici sensibilità non si devono schiacciare per ridurle a una, vedendo in ogni opinione alternativa una minaccia (e spesso in passato è successo) ma piuttosto come una ricchezza che deve semplicemente pervenire a una sintesi: e la sintesi non la deve operare una persona, o due persone, ma un METODO.
    Dobbiamo tornare a questa foto: era aprile 2013, eravamo appena entrati in Parlamento, e guardateci. Anzi, Guardiamoci! Perché eravamo seduti in cerchio, uno di fronte all’altro, guardandoci negli occhi, e parlavamo insieme. INSIEME, uno vicino all’altro.
    Io sogno una guida del movimento che sia esattamente come questa foto. E non importa se saranno 7, 9, 11 o 25 persone a incarnarla: l’importante è che vengano scelte dal basso, democraticamente, come espressione di ogni livello e soprattutto dei consiglieri comunali e degli attivisti, fin troppo dimenticati.
    Con un capo politico che sia semplicemente il terminale, il primus inter pares, l’interfaccia comunicativa di decisioni elaborate e maturate con il contributo più ampio possibile.
    Ecco, io penso che questa sia la via: recuperare proprio quella collegialità e quella partecipazione che ci ha portato a credere, tutti INSIEME, allo stesso sogno. E insieme a noi, a quello stesso sogno, hanno creduto anche più di 10 milioni di italiani.
    Quel sogno è ancora vivo, credetemi. Dobbiamo solo tornare a includere, a partecipare e a combattere.
    Queste, e tante altre sono le idee che vogliono umilmente portare sul tavolo degli Stati Generali. E nelle prossime settimane ne voglio discutere con voi, ascoltare i vostri commenti e le vostre proposte, chiedere il vostro aiuto per darmi tanti spunti e tante riflessioni.
    Nel frattempo faccio un grande augurio di buon lavoro al mio caro amico Vito Crimi, che proprio in questa foto era al mio fianco: ci accompagnerà in questa complessa fase, fino al 12 marzo. È una persona instancabile e tenace, proprio uno di quegli eroi silenziosi che non ha mai fatto un passo indietro di fronte a una responsabilità, anteponendo il bene del progetto alla sua visibilità. Io ne sono testimone e sono sicuro che è l’uomo giusto per arrivare uniti a quella data. Per questo dobbiamo supportarlo e aiutarlo a rendere gli Stati generali un momento di vero confronto aperto, franco costruttivo, un percorso pienamente rifondativo e non una passerella mediatica che ci ucciderebbe definitivamente.
    In quell’occasione, fra poco meno di 2 mesi, dovremo tornare a guardarci tutti negli occhi e a lavorare tutti insieme per il futuro del Movimento.
    Perché ricordatevi che se scuotete un sacchetto con dentro una sola noce, non sentirete nulla; se scuotete lo stesso sacchetto, ma con dentro due noci, sentirete un rumore. Con 10 milioni di noci torneremo a fare un gran chiasso.
    La nostra rivoluzione, come diceva Gianroberto, sta soprattutto nel metodo: attraverso la Partecipazione si ottiene la libertà.
    Non sarà facile e tanti sono gli ostacoli che incontreremo sul nostro cammino. Ma non dobbiamo gettare né la spugna né la speranza: perché è difficile vincere con chi non si arrende mai!