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  • amici M5S ha inviato un aggiornamento 5 anni, 2 mesi fa

    Alfonso Bonafede

    Dall’inizio del 2020 la Polizia Penitenziaria è riuscita a sequestrare all’interno delle carceri quasi 1800 telefoni cellulari, in larghissima parte prima che potessero arrivare nelle mani dei detenuti.
    Finora, il tentativo di far entrare telefonini in una struttura di reclusione configurava semplicemente un illecito disciplinare sanzionato all’interno del penitenziario.
    Adesso, invece, con il decreto sicurezza approvato ieri sera dal Consiglio dei Ministri, l’introduzione di cellulari in carcere diventa un reato. Una stretta necessaria per rendere più forte l’azione di contrasto dello Stato rispetto a comportamenti così gravi di cui si serve anche la criminalità organizzata.
    Il nuovo articolo del codice penale prevede che “chiunque procura a un detenuto un apparecchio telefonico o altro dispositivo idoneo a effettuare comunicazioni è punito con la pena della reclusione da 1 a 4 anni”. La pena è aggravata se a commettere il reato è un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o un avvocato.
    Da oggi per gli inquirenti sarà possibile anche analizzare la sim, acquisire i tabulati e ricostruire contatti e chiamate.
    Un’altra importante novità introdotta con il decreto approvato ieri è l’inasprimento delle pene per chi favorisce o aiuta i detenuti sottoposti al regime di 41 bis (si passa da 1 a 4 anni a da 2 a 6 anni). Prevista anche un’aggravante se il reato è commesso da un pubblico ufficiale, un incaricato di pubblico servizio o da un avvocato.
    Si tratta di due norme che rappresentano un passo avanti sostanziale per recidere qualsiasi possibile tentativo di comunicazione clandestina tra i detenuti e altri componenti della criminalità organizzata all’esterno.
    Adesso, con la novità introdotta, anche il lavoro della Polizia Penitenziaria, a cui va tutta la mia gratitudine per la straordinaria professionalità e attenzione che dimostra ogni giorno, potrà essere più efficace.