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Fabio Massimo Castaldo ha inviato un aggiornamento 2 anni, 4 mesi fa
Fabio Massimo Castaldo
Evgenij Prigožin è un personaggio dai contorni fin troppi ambigui e oscuri, e il suo tristemente noto gruppo Wagner si è macchiato di crimini di guerra non solo in Ucraina, ma anche in molti Paesi africani.
Ma, a prescindere dal dibattito sulla sua controversa figura, le sue crescenti dichiarazioni di dissenso rispetto ai vertici militari russi, culminate nei due clamorosi video di oggi, sono un fatto eclatante.
Da un lato smantella l’intera narrativa russa quanto alle motivazioni e alle responsabilità dell’invasione, parlando di una intera ricostruzione falsata sul Donbass. Dall’altro, dichiara che il gruppo Wagner sarebbe stato attaccato dalle truppe regolari russe, riportando perdite significative e che insieme ai suoi capi avrebbe dato l’ordine ai 25.000 mercenari di rimuovere il Ministro della Difesa Shoigu e tutto lo Stato maggiore russo, che più volte aveva già criticato. Parimenti afferma che le forze russe starebbero in grossa difficoltà e in ritirata verso nord, e le incita a unirsi alla sua ribellione per “fare giustizia”. Particolare rilevante, in tutte le sue affermazioni sembra voler giustificare Putin, dichiarando che i suoi errori di valutazione sono proprio da Shoigu e dai militari.
La risposta russa non si è fatta attendere, con l’apertura di un procedimento penale per “invito alla ribellione armata”.
Molte le letture possibili che, in queste ore, stanno prendendo quota a livello internazionale: da un tentativo disperato di rottura dovuto alla consapevolezza di essere sotto il mirino dei servizi segreti per le sue critiche ai militari, alla volontà di candidarsi come alternativa pronta al negoziato con l’occidente, fino addirittura a un possibile gioco di sponda con Putin stesso, per scaricare le responsabilità su Shoigu e i militari e aprire nuove prospettive politiche.
Dovremo seguire con attenzione quanto accadrà nei prossimi giorni, cercando di soppesare bene le notizie e le fonti, senza accontentarci dei soliti slogan superficiali, fin troppo letti e sentiti negli ultimi mesi.
Ma una cosa è certa: l’apparato autoritario di potere russo è più diviso che mai, e questi segnali fanno tutti pensare che si stia entrando in una fase di ancora maggiore instabilità interna.